21/10/2022
Cosa si intende per great resignation: traduzione e significato
Great resignation, in inglese, significa letteralmente “grandi dimissioni”: sempre più persone, infatti, lasciano il proprio lavoro, magari senza averne un altro in sostituzione. Il fenomeno porta a un progressivo aumento delle dimissioni, un po’ in tutti i settori, e alla crescente insoddisfazione ad ampio spettro per il proprio impiego, quasi sempre incapace di appagare ambizioni ed esigenze dei lavoratori.
A essere interessati sono principalmente i giovani lavoratori, che faticano a trovare soddisfazione e realizzazione nel proprio mestiere, hanno esigenze ben più vaste del solo stipendio e hanno spostato l’asse delle proprie priorità esistenziali dal lavoro ad altri ambiti.
La pandemia da COVID-19, le crisi ricorrenti e l’incerto contesto globale hanno certamente avuto una forte influenza su questo riflusso, spingendo impiegati e non a una analisi approfondita della propria esistenza e facendogli interpretare il proprio mondo – lavoro incluso – da un punto di vista differente.
La great resignation in Italia: tutti i numeri
Secondo un monitoraggio effettuato da Randstad, circa il 30% dei lavoratori italiani starebbe cercando attivamente un nuovo impiego. Questo significa che quasi un lavoratore su tre è insoddisfatto della propria posizione.
Il numero di insoddisfatti, tra chi ha un impiego, sale al 38% se si considerano i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni, mentre se si amplia il campione alla fascia 18-34, oltre il 50% vorrebbe al più presto cambiare: insomma, a trainare il malcontento e questa ondata di dimissioni sono i membri della così detta Generazione Z, ovvero le persone nate tra la seconda metà degli anni ’90 del Novecento e i primi anni del Duemila.
Altro numero interessante: il 38% degli italiani ammette di essere disposto a lasciare su due piedi il proprio lavoro qualora gli impedisse di godersi gli aspetti più importanti della vita, come la famiglia o gli amici. Percentuale che raggiunge il 50% nella fascia 18-25 anni.
Tra i 25 e i 34 anni, il 34% delle persone impiegate dichiarano inoltre che preferirebbero essere disoccupate piuttosto che infelici sul lavoro.
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Le principali cause della great resignation
Il malcontento sembra regnare sovrano negli ultimi mesi, ma quali sono le principali cause della great resignation? Le motivazioni che spingono i dipendenti a lasciare un’azienda sono tantissime, sicuramente l’aspetto economico pesa molto: solo il 19% dei lavoratori italiani ha ricevuto un aumento di stipendio tra il 2021 e il 2022 e forse sono ancor meno coloro che si sentono adeguatamente retribuiti.
L’assenza di benefit e incentivi, che colpisce il 47% degli impiegati, è un altro indicatore importante, così come la scarsa flessibilità: più del 60% dei lavoratori non può scegliere in alcun modo quanto e dove lavorare durante la giornata.
Scopri di più sulla flessibilità lavorativa.
Altro tallone d’Achille del sistema sembra essere il ruolo troppo passivo delle aziende, incapaci di coinvolgere realmente la forza lavoro o di condividere valori con la stessa: il 76% dei lavoratori italiani, infatti, considera rilevanti le posizioni etiche della propria impresa, soprattutto quando si parla di equità e diversità.
Scopri di più su diversità e inclusione nel mondo del lavoro.
Non ultime, contano molto le ambizioni professionali dei dipendenti, spesso frustrate da politiche deficitarie riguardanti la formazione e la crescita: circa il 70% dei lavoratori considera questi due aspetti essenziali per la qualità della sua esperienza in azienda, ma sono rari i casi in cui si le organizzazioni soddisfano queste richieste.
Quali possono essere le soluzioni alle dimissioni di massa
In un contesto così volatile e per certi versi inedito, le aziende devono mettere a punto strategie per la valorizzazione delle risorse umane, così da limitare gli effetti negativi delle dimissioni di massa e, per quanto possibile, evitare che i propri dipendenti abbandonino l’impiego per conclamata insoddisfazione.
Ecco qualche rapido consiglio
- Investire nel welfare aziendale: in questo modo i dipendenti sentono l’azienda più vicina alle loro esigenze e ottengono benefit aziendali che impattano sulla loro vita quotidiana in modo diretto, lasciando all’organizzazione libertà di movimento e investimento.
- Introdurre la flessibilità lavorativa: dopo due anni di pandemia, lo smart working e il remote working sono entrati nelle abitudini degli italiani e rinunciarvi può essere difficile. Non solo, favorire le richieste di part time o di organizzazione verticale dell’orario settimanale, può essere un ottimo modo per assecondare le richieste di flessibilità e legare i dipendenti all’azienda.
- Strutturare un piano formativo: come abbiamo visto, è uno degli aspetti cruciali per i lavoratori italiani, consente alla forza lavoro di crescere e migliorarsi, ottimizzando anche l’operatività aziendale. Scopri come realizzare un piano formativo aziendale.
- Rinforzare la talent attraction: proporsi come realtà innovativa, attenta ai bisogni dei dipendenti (anche attraverso sistemi di welfare, flessibilità e formazione), aiuta ad attrarre i talenti in circolazione, garantendo così un adeguato ricambio di ruoli e competenze.
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Formazione e talent attraction sono due aspetti su cui da sempre lavora LearK, che si occupa di mettere in contatto i migliori lavoratori con le aziende alla ricerca di nuovi profili, facendo incontrare domanda e offerta, competenze e attitudini specifiche con le organizzazioni che ne hanno bisogno.
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