13/12/2022
Moltissime aziende si sono trovate a fronteggiare un fenomeno quasi inedito per il mercato del lavoro: si chiama quite quitting, arriva come spesso accade da Oltreoceano e sta pian piano erodendo quel che rimane del rapporto di fiducia tra lavoratori e imprese, già barcollante dopo le crisi sistematiche e il terremoto causato dal COVID-19. Ma di cosa si tratta, esattamente? Cerchiamo di scoprirlo.
Traduzione e significato di quiet quitting
Per quite quitting - traducendo letteralmente dall’inglese: “Abbandono silenzioso” - si intende il fenomeno per cui i dipendenti di un’azienda si sentono talmente esclusi dalle dinamiche dell’organizzazione e così poco coinvolti dal lavoro svolto, da fare solo lo stretto indispensabile, senza alcuno slancio verso nuovi progetti, nuove mansioni o maggiori responsabilità, né tantomeno verso ore extra spese in ufficio rispetto a quanto previsto dal proprio contratto. Insomma, si lavora facendo solo quanto davvero necessario.
Come si manifesta il quiet quitting
Il primo sintomo di quiet quitting riguarda proprio la disponibilità verso l’assunzione di mansioni diverse dalle proprie abituali, che spesso comportano più ore di lavoro rispetto a quanto previsto inizialmente.
Questo diminuisce spesso anche la proattività delle persone nel trovare soluzioni creative e alternative capaci di migliorare i processi e la produttività.
L’idea sempre più diffusa è quella che le attività da svolgere in azienda siano sì la priorità, per i dipendenti, ma che, terminate le ore previste, valga la pena destinare le proprie energie altrove, senza particolare interesse per i possibili sviluppi del proprio lavoro quotidiano.
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Le cause del quiet quitting
All’origine del quite quitting vi sono diversi fattori: sicuramente, la pandemia e i radicali cambiamenti nella percezione delle proprie priorità che questa ha portato con sé, hanno fatto rivolgere lo sguardo dei lavoratori e delle lavoratrici altrove, ben distante dalla propria scrivania: rivalutato non solo il tempo libero, ma anche il tempo fatto di piccole routine (cena in famiglia, fare sport, il tempo speso con i figli ecc.), difficile rinunciarvi.
Inoltre, inflazione e difficoltà economiche fanno percepire le ore lavorative come una corsa a ostacoli per un traguardo spesso poco soddisfacente (stipendi magri, bonus poco efficaci).
Infine, un peso decisivo l’hanno anche i rapporti tra manager e impiegati, con i primi che faticano a coinvolgere, motivare e interagire con i secondi.
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Conseguenze del quiet quitting sulle aziende
Le prime conseguenze del quite quitting per le aziende riguardano il clima interno e le possibilità di sviluppare nuovi progetti, magari paralleli a quelli di routine.
Meno disponibilità agli extra (orari, mansionali, di responsabilità) significa meno flessibilità e meno possibilità evolutive non solo per l’organigramma e la produttività, ma anche per lo sviluppo di nuove idee.
Il legame tra quiet quitting e great resignation
C’è un legame tra quite quitting e great resignation? Domanda retorica e risposta ovvia: c’è ed è più forte di quanto possa sembrare superficialmente. I dipendenti, sempre più restii a sacrificarsi per le organizzazioni, a investire tempo in straordinari e mansioni sfiancanti, tendono ad abbandonare in massa quei posti di lavoro dove ore extra e iper-responsabilizzazione sono la norma. O dove un cambio di management sembra aver riportato l’orologio indietro di trenta e più anni.
Un esempio eclatante è quello di Twitter, ma anche di Facebook e altre tech-company, che tra evoluzioni mancate, prime difficoltà economiche e gestionali hanno perso molti collaboratori: alcuni licenziati, ma molto altri scappati dopo qualche tentativo infruttuoso di quite quitting.
Come LearK ti aiuta a prevenire il quiet quitting e a limitarne gli impatti
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