22/12/2023
Tra i tanti aspetti del mondo HR, uno dei meno discussi è quello delle exit interview. Cos’è, precisamente? E a cosa serve? Innanzitutto, è utile specificare che si tratta di uno strumento rilevante nelle dinamiche di gestione del personale, da preparare con cura e attenzione.
Che cos’è una exit interview
Ma che cos’è, di preciso, una exit interview? Traducibile più o meno come “colloquio d’uscita”, fa parte delle buone pratiche di gestione del personale in dote alle aziende. Si tratta infatti di una chiacchierata di fine rapporto, occasione utile per lasciare nel dipendente un buon ricordo della realtà per cui ha lavorato, ma anche per porgli domande utili a capire cosa è andato bene e cosa meno, nella sua permanenza in azienda.
A cosa serve una exit interview
Il valore aggiunto di una exit interview sta proprio nel rinsaldare la relazione con chi sta per lasciare l’azienda, ma soprattutto nello scovare punti e spunti per migliorare la gestione del personale.
Chi sta per cambiare organizzazione ha una visione positivamente critica e onesta sul posto di lavoro che sta per lasciare e può aiutare ad analizzare i punti forti e quelli deboli, dal suo punto di vista, chiaramente.
Comprendere se la causa delle dimissioni è riconducibile a criticità interne, problematiche esterne oppure a motivazioni personali è importante.
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Quando si fa la exit interview
Sarebbe cosa buona che a ogni cambio del team gli HR avessero premura di intervistare le persone prossime al cambio di lavoro, così da avere riscontri costanti sui motivi dell’abbandono, raccogliere critiche interessanti e avere un ultimo confronto propositivo.
Se il tempo è tiranno e non consente per tutti una vera e propria exit interview, è indispensabile svolgerla almeno per i ruoli cruciali in azienda, così da limitare le possibilità di errori gestionali futuri nelle posizioni chiave, migliorare la retention e le operazioni di employer branding.
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Come fare una exit interview
Non resta che vedere, punto per punto, come fare una corretta exit interview. Ogni azienda ha una sua gestione, per cui una strategia specifica per questo genere di situazioni, ma alcune modalità riguardano ogni tipo di realtà.
È sempre meglio preferire un colloquio personale con i dimissionari, un confronto sereno ma attento, che deve durare almeno una mezz’ora e avere l’obiettivo di raccogliere riscontri utili da parte dei (quasi) ex-dipendenti.
Qualora un colloquio fisico imbarazzi i dimissionari, si può optare per un’intervista scritta e anonima.
Come preparare una exit interview e quali domande fare
Preparare al meglio una exit interview significa scegliere i giusti tempi per il colloquio, da svolgersi quando il rapporto di lavoro è effettivamente prossimo al termine, così che il dipendente sia più propenso a esprimersi in modo sincero e diretto. Ma anche indagare i giusti temi: livelli salariali, formazione del personale, opportunità di crescita interna, comunicazione e cultura aziendale sono tra i temi cruciali da trattare.
Anche il tono dell’intervista è importante: deve essere positivo e rilassato, calmo e paziente, così da far emergere sensazioni e opinioni articolate, non sempre facili da esternare.
Molte le domande essenziali da porre agli intervistati:
- Quali sono le ragioni che ti hanno spinto a scegliere quest’azienda?
- Quali invece quelle che ti hanno portato a decidere di lasciarla?
- Quali aspetti della tua esperienza in azienda ti hanno soddisfatto? Quali ti hanno deluso o hai trovato deboli?
- Quali elementi, se migliorati, avrebbero potuto incidere sulla tua scelta di lasciare l’azienda?
- Quali cambiamenti suggeriresti all’organizzazione per migliorarsi in futuro?
La finalità ultima deve essere l’evoluzione dell’azienda, sia internamente, con un’ottimizzazione delle criticità, sia esternamente, attraverso iniziative di employer branding efficaci.
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